Storia dell’Archivio Fotografico
Storia
Sin dalla sua nascita, la fotografia ha assunto un’importanza storica, sociale e culturale senza uguali o precedenti, perché “contiene, racconta e conserva” frammenti di vita vissuti, frammenti di un tempo ormai passato, divenuto, oggi, “storia”. Il Beato Bartolo Longo da subito capì l’importanza storica, sociale e culturale della fotografia, nata a metà Ottocento (1846), come “nuova scoperta”, quale mezzo di documentazione e comunicazione, e da subito la adottò per rappresentare e documentare tutto ciò che realizzava a Valle di Pompei, sin dal suo primo arrivo (1872): la costruzione del Santuario dedicato alla Madonna del S. Rosario, l’edificazione degli Istituti di carità e le varie attività che si svolgevano all’interno degli stessi, la nascita della città di Pompei.
Inoltre, è interessante rilevare, riguardo all’accoglienza e alla educazione dei figli dei carcerati, che Bartolo Longo, in opposizione alle teorie di Cesare Lombroso, che, fondando la “criminalità infantile” sul concetto di ineluttabile “frutto ereditario”, si avvaleva di fotografie per ritrarre i tratti somatici ed estetici di piccoli soggetti, le cui caratteristiche erano “tipiche ereditarie dei figli di criminali”, usa lo stesso strumento fotografico per attestare, invece, i progressi compiuti nell’educare i suoi piccoli “reietti” nel corso del tempo, attraverso le molteplici attività didattiche e formative (le scuole di meccanica, la tipografia, la legatoria, la musica, la falegnameria, l’intaglio e, non ultima, l’educazione fisica), sconfessando in tal modo le teorie del padre dell’antropologia criminale.
Motivi di Conservazione e di Restauro
Nessun supporto fotografico, vecchio o recente, possiede una stabilità che garantisca una lunga conservazione.
Ciò è dovuto prima di tutto alla fragilità di queste immagini, che subiscono un processo chimico/fisico, dovuto sia all’azione della luce sia a quella della temperatura, che interagiscono sulla loro superficie “sensibile”. Malgrado tutti i progressi e i miglioramenti tecnici, la fotografia resta sempre “materiale fragile” ed estremamente sensibile alle sollecitazioni esterne. Infatti, spesso il contatto fisico, i fattori ambientali, quali sbalzi di temperatura, umidità, inquinamento, microfunghi, insetti, ma anche sostanze ossidanti, come vernici murali, arredi di legno, cartoni e persino le buste o le confezioni originali utilizzate per proteggere le foto, influiscono negativamente sul loro stato di conservazione. Ecco, quindi, l’esigenza di salvaguardare, preservare, tutelare e conservare, a norma, tutto il patrimonio fotografico custodito da B. Longo nel Santuario di Pompei.
Situazione attuale dell’Archivio del Santuario di Pompei
L’archivio storico fotografico è situato in una stanza indipendente della Biblioteca del Santuario. La stanza misura 4,70 mt x 3,80 mt, ha una grande finestra ben esposta, che affaccia sul Sagrato della Basilica, oscurata a norma con tendaggio opaco; una porta d’ingresso sicura; un condizionatore d’aria forzata per mantenere costante la temperatura interna sempre al di sotto di 18°; due grandi cassettiere metalliche per la conservazione delle foto, ognuna contenente 10 cassetti da 140x95 cm; due banchi lavoro lineari di legno di 3,50 mt; un computer Acer Veriton X2632G di ultima generazione; due Hard disk Toshiba da 1Tb; uno scanner piano professionale A3 Epson Expression 11000XL, con software SilverFastAiIT8/2017; guanti di cotone bianchi a norma; buste a riserva alcalina, Crystal Clear 40 micron trasparenti in polietilene a norma PAT (Photografic Activity Test creato negli Stati Uniti dall’American Nazional Standards Istitute nel 1978), per la definitiva conservazione delle foto; scatole contenitrici, a norma, con stabilità chimica, senza acidi e perossidi.
Le fotografie di maggior pregio e importanza storica, da subito salvaguardate e successivamente archiviate sono attualmente oltre 1300 e hanno come riferimento i seguenti temi:
- Santuario Pontificio e sua Costruzione
- Nascita delle diverse opere di Carità
- Nascita della Città di Pompei
- Figlie e figli dei Carcerati
- Orfanelle e orfanelli
- Costruzione dell’Ospizio
- Costruzione del Campanile
- Attività e manifestazioni pubbliche e private quali:
- Prime Comunioni
- Esposizioni scolastiche
- Saggi Ginnici
- Feste Civili
- Processioni
- Circolo Giovanile
- Scuole di Arte e Mestieri
- Banda musicale e scuola di Musica
- Osservatorio Meteorologico - Vulcanologico.
- Schedario Fotografico delle Orfanelle/i e delle Figlie/i dei Carcerati.
La prima parte di queste fotografie originali ha come elemento legante l’albumina. La seconda parte di queste fotografie ha come elemento legante la gelatina. La prima immagine fotografica, datata 1872, ritrae l’antica chiesetta in Valle di Pompei. Le fotografie originali della prima parte, in formato 20x25 cm, sono montate su supporti cartacei di misura 35x50 cm;
Occorre tener presente che, in Occidente, prima dell’invenzione della fotografia, le piante tradizionali che venivano utilizzate per ottenere cellulosa erano il “lino” e il “cotone”; dal 1850 in poi, con l’avvento della fotografia, “il legno” diventa la maggior risorsa per fabbricare carta.
Le fotografie originali della seconda parte, da archiviare, sono attualmente conservate in 140 contenitori di plastica. Sono migliaia di fotografie in bianco e nero dell’inizio del ‘900, purtroppo in pessime condizioni (i contenitori sono di plastica di bassa qualità, lo si evince dal cattivo odore che emanano e dalla deformazione che gli stessi hanno subito a seguito dei forti sbalzi di temperatura).
Per la conservazione e l’archiviazione, ci siamo attenuti scrupolosamente alle norme PAT (Photografic Activity Test creato negli Stati Uniti dall’American Nazional Standards Istitute nel 1978), adottate ormai in tutti gli archivi fotografici internazionali. Infatti, per l’archiviazione delle nostre fotografie, non utilizziamo mai carpette o buste in PVC. Forniamo sempre “copie” delle fotografie e mai gli originali. Indossiamo sempre guanti di cotone puliti. Non tocchiamo mai l’emulsione dell’immagine fotografica. Consultiamo e visioniamo le fotografie su una superficie di lavoro spaziosa e pulita. Conserviamo tutte le stampe fotografiche in contenitori idonei e a norma, ad una temperatura al di sotto dei 18° C e ad una umidità relativa (UR%) del 30-40 %.
Ecco in sintesi le fasi di lavorazione per l’archiviazione delle fotografie nel nostro archivio:
Fase uno:
Catalogazione di tutte le opere fotografiche attraverso il maggior numero di informazioni possibili quali: l’autore; l’origine e la sua storia; il contenuto descrittivo; lo stato di conservazione; il formato fotografico.
Fase due:
Classificazione di tutte le opere fotografiche per argomenti, persone, periodi, luoghi.
Fase tre:
Restauro/ Pulizia di tutte le immagini fotografiche una per una.
Fase quattro:
Digitalizzazione delle immagini fotografiche, mediante la creazione di copie digitali. La caratteristica delle copie digitali è quella di permettere una ampia e facile conservazione, diffusione e divulgazione delle fotografie, una volta “archiviate”. Le copie digitali salvaguardano l’originale da numerose e dannose manipolazioni, oltre a preservare gli stessi originali da forti sbalzi di temperatura. Questo archivio usa uno “scanner piano” di ultima generazione ad alta risoluzione, uno strumento tra i più idonei e all’avanguardia per la digitalizzazione delle fotografie.
Fase cinque:
Conservazione delle immagini fotografiche, in contenitori a norma Iso, che abbiano superato il PAT test.
Aspetti tecnici di archiviazione
Adeguate condizioni di archiviazione, imballaggi speciali e controlli regolari sono elementi indispensabili per la conservazione delle nostre fotografie. Sappiamo bene che la digitalizzazione non sostituisce la conservazione degli originali. Ogni nostra fotografia la consideriamo come un’opera unica, rara e preziosa, protetta con acquisiti diritti d’autore.
Oggi, a quasi 170 anni dalla loro creazione, le fotografie qui archiviate e conservate, oltre ad avere un’importanza spirituale, sociale e culturale importantissima, hanno un ruolo decisivo nei campi dell’informazione, della documentazione, dell’espressione artistica, della ricerca e della storia del Santuario.
Conclusioni
L’interpretazione, l’autenticazione mediante una «nota» manoscritta, il fascino prodotto dai materiali utilizzati o le tracce d’usura rivelatrici di un contesto d’altri tempi, fanno si che una fotografia rimarrà sempre unica, artefatto di un procedimento fisico e umano, chimico e mentale, prodotto finale di un puro atto creativo, che va ben al di là di un semplice scatto o di una semplice visione estemporanea. Un “tesoro fotografico” immenso questo dell’archivio storico del Santuario di Pompei, da proteggere, conservare, valorizzare, oggi, per lasciarlo protetto, conservato e valorizzato … domani.